Per la seconda volta nel giro di poche settimane mi sono trovata, insieme alla mia famiglia, a visitare luoghi carichi di dolore e di sofferenza. Luoghi che portano con sé la memoria di persone incolpevoli che, in tempi diversi, hanno perso la vita senza un motivo, né un perché.Dopo esserci immersi nel lutto del Memoriale dell’11 settembre a New York , ho scelto di affrontare un’altra pagina di storia assolutamente terribile come quella dei campi di concentramento e da Cracovia abbiamo dedicato un giorno alla visita ad Auschwitz Birkenau.
Una visita ad Auschwitz Birkenau
Ci sono eventi che segnano per sempre la storia del mondo, che vanno affrontati e guardati per quello che sono stati effettivamente; ed una visita ad Auschwitz e Birkenau mette davvero alla prova l’animo umano. Impossibile, per me, restare indifferenti ai luoghi che si attraversano, alle immagini ed ai ricordi che sono conservati.
Com’è giusto che sia, va inteso come un mesto pellegrinaggio ad un cimitero, tomba di oltre un milione di persone, e non come una escursione turistica al pari delle altre : non credo che sia questo lo spirito con cui affrontare una giornata in questi luoghi.
I due campi furono aperti come luoghi di memoria e ricordo dello sterminio già nel 1947, visto che Auschwitz I e Auschwitz II Birkenau (insieme ai molti campi satellite costruiti nelle vicinanze, abbattendo interi villaggi) sono stati il più grande campo di concentramento che si è mantenuto pressoché inalterato, con tutto il suo carico di testimonianze di morte ed orrore.
Realizzato nel 1940 nei territori polacchi occupati dai nazisti, fu di fatto il più grande centro di sterminio del popolo ebraico, fino al 27 gennaio (in questo giorno dal 2005 si celebra il “Giorno della memoria”) 1945 quando le truppe sovietiche liberarono i 7500 prigionieri rimasti.
Qui furono deportati ebrei (oltre 1.100.000), ma anche dissidenti politici polacchi, rom, sovietici e molti altri.
Una visita ad Auschwitz Birkenau : il silenzio del ricordo e della memoria
Quale rumore fa il ricordo e la memoria di migliaia di persone che hanno sofferto, che hanno patito fame, freddo, malattie ed alla fine sono morte di stenti : nessuno. Si sente il rumore del vento che soffia fra una costruzione e l’altra ad Auschwitz, e che spazza l’enorme campo di Birkenau.
Per il resto il silenzio delle disperazione e della morte domina tutto il percorso, passando da un’orrore all’altro. Quello che si immagina prima di entrare, non è minimamente confrontabile con quello che ci si trova di fronte.
Correttamente le visite avvengono a scaglioni, per non infrangere il senso di assoluto rispetto che si deve alle persone che qui hanno vissuto e sono morte, alcune per poche ore altri per qualche settimana o mesi. Vietati i selfie (che tuttavia qualcuno cerca di fare) e le guide accompagnano i piccoli gruppi (non più di 30/40 persone per volta) parlando a voce bassa, anche grazie all’uso degli auricolari.
Dal 1979, su richiesta della Polonia, i due campi di Auschwitz e Birkenau sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
Le baracche dell’orrore ad Auschwitz
Alla fine si sente solo il silenzio rumoroso che parla attraverso le immagini e i luoghi. La baracche dove i prigionieri (non più del 25% di coloro che arrivavano ad Auschwitz) venivano assiepati in letti a castello, anche di tre piani, con pagliericci di fieno, con pochissimi bagni.
Le valigie e gli effetti personali venivano sequestrati già all’arrivo e se riutilizzabili, inviati a famiglie tedesche in Germania; chi veniva ritenuto inabile al lavoro era dirottato immediatamente verso le camere a gas e poi ridotto in cenere nei forni crematori (parzialmente distrutti dai nazisti prima della liberazione del campo).
Del resto già durante il viaggio nei treni piombati molti dei deportati arrivavano morti di stenti.
In generale un numero esiguo di deportati è stato registrato; quindi della maggior parte dei morti non si conosce l’identità; a chi veniva risparmiato era impresso un numero di matricola sul braccio sinistro.
Ad Auschwitz l’orrore si aggiunge ad orrore : le celle sotterranee (dove è morto il santo Massimiliano Kolbe, padre francescano, che offrì la sua vita in cambio di quella di un altro prigioniero) del blocco 11 dove si moriva di fame. Ma anche le celle dove più prigionieri dovevano stare in piedi oppure i blocchi degli “esperimenti scientifici” del medico criminale di guerra nazista Mengele.
Il filo spinato, il cortile delle fucilazioni, la sbarra di ferro per le impiccagioni pubbliche; il blocco 4 e 5 dove ancora si trovano ammassate valigie, scarpe, protesi e soprattutto masse di capelli che venivano tagliati ai prigionieri per essere filati.
La piazza dell’appello che poteva durare ore e durante il quale molti morivano, per il troppo caldo o il troppo freddo o semplicemente perché stremati; ed ovviamente il terribile rituale delle camere a gas con i forni crematori.
Infine il patibolo dove fu impiccato il comandante del campo subito dopo la liberazione.
Le donne ed i bambini di Birkenau
Le donne prigioniere erano normalmente detenute a Birkenau, il secondo campo distante pochi chilometri da Auschwitz, rigidamente separate dagli uomini e dai loro stessi bambini. Qui è stata deportata anche Anna Frank (che morì poi nel campo di concentramento di Bergen Belsen) quando lei e tutta la sua famiglia furono scoperti nel loro nascondiglio di Amsterdam.
Il binario morto attraversa ancora oggi l’imponente ingresso del secondo campo di sterminio e qui si trova ancora un vagone a ricordo dei treni che qui terminavano il loro viaggio di morte.
La desolazione dello spazio enorme che separa le due ali del campo (molte baracche in legno sono in manutenzione per l’inevitabile usura del tempo), si percepisce nell’attraversare quasi un chilometro per arrivare all’estremità opposta dove si trova un memoriale che ricorda le vittime in 23 lingue diverse, quelle parlate all’interno del campo dai prigionieri.
Impressionanti i resti del delle camere a gas e dei forni crematori che furono distrutti poco prima della liberazione; ma i resti delle ceneri non lasciano dubbio come lo struggimento che prende nella visita alla baracca destinata ai bambini, spesso i primi a voler spostare i cadaveri nei carrelli, nella speranza tutta umana di poter intravedere la loro mamma, dalla quale erano rigidamente separati.
Auschwitz e Birkenau : un simbolo ed un monito
I due campi sono passati alla storia come sinonimo della crudeltà e dello sterminio. Oggi sicuramente un monito per tutte le situazioni del mondo in cui guerra, violenza, sopruso ed intolleranza rischiano di riportarci indietro nel tempo.
Si ritiene che nei campi di sterminio nazisti siano stati internati circa 12.000.000 di persone (fra i quali oltre 6.000.000 di ebrei) e che 11.000.000 siano morte.
Memoriale alle vittime Auschwitz-Birkenau
Dettagli organizzativi
Da Cracovia si può arrivare ad Auschwitz e Birkenau in autonomia con il treno (fino alla cittadina di Oswiecim e poi con l’autobus di line cittadino) oppure con l’autobus. I due musei distano infatti poco più do 60 chilometri da Cracovia per circa un’ora e mezza di viaggio. Una volta arrivati si può decidere di visitare i due musei da soli dopo aver prenotato la visita sul visit Auschwitz gratuitamente oppure con la guida italiana, a pagamento, disponibile in alcuni orari a secondo del periodo dell’anno.
Noi non avevamo programmato con molto anticipo la nostra visita ed abbiamo preferito affidarci ad un tour guidato da Cracovia che ci ha permesso di raggiungere i due campi con un piccolo gruppo di persone a guida italiana. Per me, per noi, è stato un valore aggiunto avere un servizio ben organizzato, con una guida molto attenta ed esperta in grado di farci cogliere i dettagli più significativi (che forse da soli non avremmo potuto individuare) di una visita tanto impegnativa e di forte impatto emotivo. Sconsigliata la visita con bambini troppo piccoli ed anche quelli più grandi, a mio avviso, devono essere adeguatamente preparati.